Non antropomorfizzare

Non antropomorfizzare significa dare di più

La sacrosanta battaglia contro l’umanizzazione degli animali ci dovrebbe spingere a riflettere che un animale va rispettato adeguandosi ai suoi bisogni etologici, vale a dire nell’osservanza delle sue caratteristiche fisiologiche e comportamentali.

Questo significa che si lotta contro l’antropomorfizzazione per dare di più all’animale e non di meno, perché ci si sforza di emendare la proiettività e di dare effettivamente ciò di cui il soggetto ha bisogno. L’antropomorfizzazione infatti non eleva il cane, il gatto o lo scimpanzé ma di fatto li sminuisce perché:

  1. non riconosce le caratteristiche e i bisogni presenti in una particolare specie ma assenti nell’essere umano;
  2. trasforma gli eterospecifici in quasi-umani e quindi implica l’umano come unità di misura e fuoco intorno cui orbitare.


Spesso sento porre in antitesi antropocentrismo e antropomorfismo: in realtà l’antropomorfismo è la forma più radicale di antropocentrismo. Nella vulgata l’atto o l’accusa di antropomorfizzare vengono spesso definite come un viziare il cane o il gatto; in realtà si tratta più prosaicamente di un maltrattare l’animale, che chiede e merita di essere trattato secondo le sue coordinate etologiche.


Andare contro le pretese antropomorfiche o addirittura antropoplastiche – tipiche di chi non interpreta semplicemente ma si sforza di trasformare in tutti i modo l’eterospecifico in una fantoccio quasi-umano – non significa perciò ritornare ai bei tempi andati quando il cane doveva stare rigorosamente in giardino o comunque secondo i dettati della strumentalizzazione. Lo dico perché esiste una nutrita schiera di persone che stigmatizzano l’umanizzazione non per aumentare il rispetto verso le altre specie ma per ritornare indietro…..Allora ci si sforzava di trasformare l’animale nella macchina cartesiana basata su automatismi, utilizzando le teorie psicoenergetiche e behavioriste e mettendo a punto prassi di gestione e di potatura comportamentale col solo scopo di trasformare gli eterospecifici in oggetti.


Ma in fondo anche la trasformazione di un soggetto in una cosa (reificazione), che sia strumento o prodotto poco importa, è una forma di antropocentrismo: in questo caso nel dare una patente di presenza solo-se e nella misura-in-cui un ente svolga una particolare funzione di utilità riferita all’essere umano.

Siamo antropocentrici tutte le volte che non riconosciamo a un eterospecifico una sua presenza libera da qualunque strumentalità e una sua ontica svincolata dai parametri proiettivi, di aspettativa, di funzione, di merito.


Antropomorfismo e reificazione sono perciò le due facce della stessa medaglia antropocentrica che nega all’animale una sua specifica ontologia e un suo ruolo nella dialettica relazionale con l’uomo. Si può non essere egocentrici? No. Si può allentare l’egocentrismo? Sì e in notevole misura. In fondo la crescita di un bambino nel suo rapporto con gli altri è sempre un percorso ego-decentrativo, che ovviamente si realizza in maniera più o meno consistente.


Allo stesso modo non si può non essere antropocentrici ma si può diminuire considerevolmente l’antropocentrismo di prospettiva acquisendo una sorta di empatia transpecifica.


In fondo l’etologia come studio delle caratteristiche comportamentali delle diverse specie è già in sé una palestra antropo-decentrativa, vale a dire un percorso che aiuta la persona a essere meno proiettivo nell’assegnazione di qualità, disposizioni, bisogni a un soggetto appartenente a un’altra specie.

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I coniglietti nascono senza pelo, ciechi e non sono in grado di udire prima dei 7 gg. A 12 gg cominciano ad uscire dal nido. A circa 24 gg la mamma smette di allattarli. A 4 mesi diventano sessualmente maturi e lo sviluppo scheletrico termina a 9 mesi. I conigli hanno un senso dell’olfatto molto sviluppato e comunicano prevalentemente attraverso gli odori. La consuetudine di strofinare il mento sugli oggetti è un modo per marcare il territorio, così come il depositare le feci e le urine. I conigli lasciati liberi per casa possono arrecare numerosi danni ( carta da parati, mobili, tappeti, filo del telefono..) e possono mettersi in pericolo perché vanno a rosicchiare i fili elettrici. La femmina raggiunge la maturità sessuale a 4 mesi, la gravidanza dura 30 gg, possono nascere da 2 a 10 coniglietti , la mamma allatta una sola volta al giorno (di solito alla notte). Il coniglio è un animale solitamente pacifico anche se esistono varie eccezioni. E’ un animale sociale anche verso altre specie animali; è meglio evitare di tenere 2 maschi interi insieme. Per abituare il coniglietto appena arrivato a sporcare nella gabbia è bene non liberarlo per alcuni giorni. Conviene sistemare una cassettina apposita in un angolo del gabbione con del truciolato e posizionare la rastrelliera con il fieno vicino in modo che mentre mangia sia costretto a stare entro la cassettina; in questo modo si abituerà a sporcare nel posto giusto. La gabbia del coniglio deve essere sufficientemente grande anche se il coniglio vive prevalentemente libero per casa. Alimentazione Il Coniglio è un erbivoro stretto. Ha sempre bisogno di fieno di buona qualità (Trifogli, Erbe miste, Erba Medica solo in accrescimento). Le verdure a foglia da variare, devono essere ben lavate e asciugate, mai fredde da frigorifero, vanno tolte prima che vadano a male. (Trifoglio, Dente di leone, Crescione, Spinaci e foglie di Brassicacee solo 1-3 volte la sett.) Mangime in pellet razionato – 1/4 di tazza ogni 2,5 kg di peso diviso in 2 somministrazioni – va comprato fresco e mantenuto in frigorifero perché il coniglio rifiuta il pellet rancido. 18% -25% di fibra . No farine di carne o latte o cereali. No semi e fioccati. Yogurt va bene frutta in quantità molto ridotta, ed eliminarla se tende all’obesità. Acqua sempre fresca e pulita – lavare e disinfettare il contenitore ogni 3-4 giorni. Il coniglio è in grado di ricavare da cibo di basso valore nutritivo la massima quantità di energia. Una caratteristica di questa specie è la reingestione di parte del materiale fecale (cecotrofo). Il coniglio in famiglia viene spesso alimentato con mangimi ad alto valore nutritivo che possono venire ingeriti con estrema velocità. Questa abitudine produce un facile ingrassamento che può portare all’obesità e problemi comportamentali perché il coniglio che impiega troppo poco tempo a mangiare poi si annoia e diventa irritabile e aggressivo. La soluzione è molto semplice, basta aggiungere molto fieno che appaga psicologicamente il soggetto e apporta la giusta quantità di fibra per evitare l’ingrassamento e per tenere i denti in equilibrio. La vaccinazione I Conigli possono essere vaccinati contro due malattie virali: la Mixomatosi e la Malattia emorragica virale. Secondo la località geografica, il veterinario stabilirà il piano vaccinale più opportuno. Protocollo vaccinale nel coniglio che vive da solo in appartamento, si consiglia di eseguire una sola vaccinazione nel mese di aprile – maggio. Io consiglio di effettuare, nella zona di Parma, esclusivamente la prevenzione per la Mixomatosi. Mixomatosi Può essere trasmessa per via diretta dagli animali ammalati o portatori a quelli sani o per via indiretta tramite artropodi (zanzare, pulci, zecche, ecc.). L’andamento può essere acuto, subacuto o cronico; alcuni conigli sono portatori asintomatici. L’incubazione è di 5-15 giorni. I sintomi comprendono: abbattimento, congiuntivite, scolo dagli occhi, rigonfiamenti cutanei sulla testa e gli arti, infiammazione degli organi genitali. La morte sopravviene in 5-10 giorni. La mortalità è elevata, e non esiste alcuna terapia. I conigli che sopravvivono possono eliminare il virus per lungo tempo. La vaccinazione dà una buona protezione ed è sempre consigliabile negli animali da compagnia. I coniglietti possono essere vaccinati per la prima volta a 30 giorni di età, con un richiamo a 8-10 settimane. Malattia emorragica virale Colpisce i conigli al di sopra dei 30 – 50 gg di vita. La malattia si trasmette sia per via diretta che attraverso vettori ematofagi od oggetti contaminati. La malattia si manifesta in modo improvviso con emorragie dal naso, dalla bocca e dall’ano e spasmi che conducono alla morte. 
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